Ricordo infantile, o meglio della primissima adolescenza. Un ragazzo più grande di un paio d'anni di me, piuttosto prepotente e anche decisamente grande e grosso. Un quartiere della prima periferia di una città qualunque. E noi, un gruppetto di quattro-cinque amici, molto legati, sempre insieme per la strada o sempre in casa gli uni degli altri, almeno fino alla terza media quando poi le superiori ci separarono.
mercoledì 29 febbraio 2012
Miguel son mi
Ricordo infantile, o meglio della primissima adolescenza. Un ragazzo più grande di un paio d'anni di me, piuttosto prepotente e anche decisamente grande e grosso. Un quartiere della prima periferia di una città qualunque. E noi, un gruppetto di quattro-cinque amici, molto legati, sempre insieme per la strada o sempre in casa gli uni degli altri, almeno fino alla terza media quando poi le superiori ci separarono.
Tornando al prepotente, un pomeriggio arriva davanti all’angolo di strada dove eravamo soliti ritrovarci e inizia a prenderci in giro con le sue solite angherie. Sua madre aveva un negozio di abbigliamento intimo vicino a casa mia e nel mio incauto cervello si fa strada l’idea di sbeffeggiarlo, sull'aria di questo spot, al grido "E' arrivato El Mutandero". I miei amici si sfasciano dalle risate, a me sembrava una battuta molto divertente e mi sembra tale anche adesso, ma temo che lui non condividesse granché questo tipo di humour.
Capisco subito dalla sua faccia che si mette male e le gambe reagiscono di conseguenza. Correvo veloce, ma anche lui. Per fortuna quando dopo qualche centinaio di metri mi prese si limitò agli schiaffoni sulla nuca e non mi tirò giù denti, niente lividi, niente occhi neri. Alla fine, me la sono cavata a buon mercato. Per una buona battuta, e ne sono convinto ancora adesso, valeva la pena di pigliarsi una raffica di schiaffi in testa.
L’ho rifatto, lo rifaccio, lo rifarò.
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